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La Catechesi Adulti

La pazienza

CATECHESI 2015-16

“I cento volti della misericordia”

giovedì 15 ottobre - 2° incontro – La pazienza

Il primo spunto per la nostra riflessione ci viene dal Catechismo, dove troviamo l’elenco delle opere di misericordia spirituale tra cui “sopportare pazientemente le persone moleste”; ma da qui il discorso si amplia perché la pazienza non riguarda solo le persone moleste, riguarda la vita nel suo insieme.

Il secondo spunto viene dalla parola di Dio. La Sacra Scrittura parla tante volte della pazienza e in mille modi diversi. Vediamone alcuni. Ci imbattiamo in questo tema sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento.

  • Pv. 16, 32; “È meglio la pazienza che la forza di un eroe, chi domina se stesso vale più di chi conquista una città”;
  • 1Cor. 13, 4; inno alla Carità: “Aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte. Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.”;

La prima caratteristica della carità è la pazienza.

  • Ef. 4, 1-3: “Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace.

La pazienza non solo è la prima caratteristica della carità ma è un dono

  • Gal. 5, 22, “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”;

la pazienza è un frutto dello Spirito. Se la pazienza è un dono, per ricevere la pazienza dobbiamo pregare, come preghiamo per tutti doni che il Signore ci manda e di cui abbiamo bisogno.

Col. 1, 11, “rafforzandovi con ogni energia secondo la potenza della sua gloria, per poter essere forti e pazienti in tutto”

Paolo prega affinché i cristiani abbiano la forza e la pazienza in tutto. Come si vede il tema della pazienza, nella parola di Dio, è molto meno secondario di quello che potrebbe sembrare a prima vista.

Perché tutto questo? La pazienza come abbiamo visto è dono, è caratteristica della carità, è motivo di preghiera. Perché è così importante? Perché la pazienza è anzitutto un attributo di Dio. Dio è il Dio paziente e onnipotente. Questo ci aiuterà a capire che la pazienza è una forma di forza non è una debolezza, non è un cedimento. Dio è paziente ed è onnipotente e questo lo ritroviamo per esempio nei salmi. Ne cito solo uno:

  • Sal. 102, 8; “Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Egli non continua a contestare e non conserva per sempre il suo sdegno. Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira, cioè paziente. Dio è colui che sa aspettare, che va adagio.

  • Sir. 18, 8-14, “Che cos’è l’uomo? E a che cosa può servire? Qual è il suo bene e qual è il suo male? Quanto al numero dei giorni dell’uomo, cento anni sono già molti. Come una goccia d’acqua nel mare e un grano di sabbia così questi pochi anni in un giorno dell’eternità. Per questo il Signore è paziente con gli uomini e riversa su di essi la sua misericordia. Vede e conosce che la loro sorte è misera, per questo moltiplica il perdono. La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente.

Dio conosce la grandezza ma anche la pochezza dell’uomo, la brevità dei suoi giorni, le fatiche che caratterizzano il suo vivere: per questo Dio è paziente e dunque concede tempo, aspetta, dilaziona, offre altre possibilità, è misericordioso.

Come vedete la pazienza risulta essere una caratteristica dell’agire di Dio ed è fortemente associata alla misericordia.

Il capitolo 55 di Isaia è un canto della misericordia di Dio, che si dipana nella pazienza, nell’attesa, nella semplicità, per giungere all’avvenimento, alla rivelazione piena di Dio che è quella di Gesù del quale possiamo dire che incarna la pazienza del Padre.

Possiamo quindi leggere la esemplificazione che Gesù stesso fa della pazienza di Dio nella parabola del Figliol prodigo (Lc. 15) o anche la parabola della zizzania (Mt. 13, 24).
Anche i racconti della Passione sono racconti della pazienza di Gesù di fronte alla violenza, al sopruso, alla condanna (Luca).

Anche i discepoli sono invitati a vivere nella pazienza di fronte alla tentazione di volere il ritorno del Signore subito. La comunità primitiva aspettava come imminente il ritorno di Gesù e mano a mano che il tempo passava e questo ritorno non si verificava cominciarono ad esserci delle inquietudini. Pietro, perciò, scrive per confortare i discepoli

  • 2Pt. 3, 9-15: “Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c’è in essa sarà distrutta. Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno! E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia. Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, cercate d’essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace.

La pazienza di Dio è un dato di fatto, sta nelle radici della creazione stessa. Dio non si annoia del mondo. A noi sembra di perdere la pazienza vedendo tante cose che non vanno, di fronte a certa cronaca: cattiverie, guerre, ingiustizie...... Dio non si è ancora stancato di questo mondo è una sorta di pazienza primordiale, che ci aspetta e ci accompagna e che comunque attende la risposta dell’uomo. Da tutto questo nasce la nostra pazienza.

Potremmo dire allora che il nostro essere pazienti non è soltanto un modo di fare positivo di fronte alle difficoltà, ma ha a che fare con lo stile di Dio, ha a che fare con la fedeltà al Vangelo.

La pazienza è una di quelle esperienze che appartengono anche alla vita spirituale. La pazienza sta dentro nel progetto di Dio, dentro la vita stessa di Dio, che trova la sua pienezza nella vita di Gesù.

Non esiste un cristiano che non cerchi di essere paziente. Da tutto questa nasce la pazienza dell’uomo che è paziente anzitutto verso la vita, verso le sue fatiche, verso le sue difficoltà.

(Fil. 3, 7ss; Rom. 8, 20). Potremmo rileggere il libro di Giobbe che è la storia del giusto che subisce dolore, vessazioni. Secondo la mentalità del tempo se una persona aveva una disgrazia era per colpa sua o per colpa dei suoi avi. Ma Gesù rovescia questa mentalità. Giobbe, il giusto, l’uomo timorato di Dio, di fronte alle provocazioni porta pazienza. Noi siamo chiamati a vivere la pazienza davanti alle cose della vita.

  • Giac. 5, 10; “Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d’autunno e le piogge di primavera. Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Prendete, o fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlano nel nome del Signore. Ecco, noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione.
  • Lc 21, 19, “Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.”.

In questo senso la perseveranza è pazienza, capacità di attendere nella coerenza.

La pazienza verso la vita e verso le sue tribolazioni è anche pazienza verso gli altri. Qualche volta il tempo che passa ci fa capire che la relazione con gli altri è la più faticosa. Gli altri qualche volta sono davvero pesanti e forse quando si è giovani ci si riesce passare sopra mentre col passare del tempo è molto più difficile accettare l’altro. Questa è la pazienza di cui parla Paolo nella lettera agli Efesini che abbiamo visto sopra: “Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con Amore, cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace.

Infine possiamo parlare di pazienza anche verso noi stessi, perché, come vedremo, la pazienza ha a che fare con quello che sta dentro alla nostra vita.

Fatta questa carrellata nella parola di Dio, sottolineando il fatto che questo tema della pazienza è molto presente, colta la dinamica fondamentale della pazienza che ha le sue radici nella pazienza di Dio, la domanda diventa:

  • ma in che cosa consiste la pazienza? quali sono le caratteristiche di una pazienza autentica? (qualche volta, infatti, la pazienza viene confusa con altri atteggiamenti che sono meno positivi)
  • da dove comincia la pazienza, cosa richiede?

Il primo elemento necessario perché ci sia pazienza vera è la conoscenza; per essere pazienti bisogna sapere, conoscere, bisogna essere informati. Se io sono informato, se io conosco cosa c’è dietro un atteggiamento degli altri che a me risulta faticoso, certamente divento più paziente.

Chi ignora non può essere paziente. Se si ignora, infatti, la pazienza non ha una motivazione, è fine a se stessa e quindi viene vissuta semplicemente come un cedimento di fronte ad un’aggressione. Chi ignora non può essere paziente (l’esperienza dell’ansia, del panico per il fatto di “non sapere” cosa sta succedendo nei disguidi dei trasporti per es.). La pazienza ha bisogno della conoscenza in generale e ancora di più nella relazione con gli altri.

Per questo la pazienza vera deve partire da se stessi, perché noi ci conosciamo, sappiamo come siamo fatti e anche come vorremmo essere. Il reggere la tensione tra quello che uno è e quello che vorrebbe essere, quello che fa e quello che vorrebbe fare…(essere, avere, fare), la capacità di gestire questa distanza, questa è la dinamica della pazienza. La persona paziente è colui che riesce a lavorare perché quello che vorrebbe essere in qualche modo si realizzi.

Per vivere la pazienza in senso autentico ci vuole molta forza. I nostri genitori o i nostri nonni che vivevano in una società più povera erano abituati ad avere questa pazienza, con la capacità di guardare avanti. La loro era una pazienza che non accetta la situazione in cui si vive come una situazione definitiva ma sa e vuole che questa condizione possa cambiare. Qui c’è la pazienza. Se questa condizione non c’è non si parla più di pazienza ma di rassegnazione. La pazienza ha a che fare con una dinamica evolutiva, guarda avanti, non si ferma, lavora per il dopo. Ed è per questo che Dio è paziente e non rassegnato.

La pazienza allora è attesa, ma non semplicemente attesa passiva. E’ un’attesa carica di fiducia, di speranza. Tra poco inizieremo l’Avvento, un tempo di pazienza dal punto di vista spirituale, che è caratterizzato da un’attesa piena di speranza, non è semplicemente tempo che passa.

In questo senso la pazienza ha un limite perché non è rassegnazione e non è il limite di uno che dice “mi sono stufato adesso basta”, un limite legato non solo alle nostre forze, ma perché essa è legata a un passaggio ulteriore è un’esperienza attiva, non passiva. Il pensiero paziente ha a che fare con l’ulteriorità, l’alternativa, con la perseveranza.
Nella cultura di oggi, dove siamo abituati ad avere tutto subito, non c’è spazio per la pazienza. La pazienza non serve, se non c’è nessuna differenza tra quello che io sono o quello che ho e quello che vorrei essere. Ma quando nella vita arriva il momento in cui questa distanza si evidenzia, allora nascono crisi paurose… Non siamo più abituati a vivere la pazienza come esperienza normale della vita.

L’impaziente allora o si dispera o aggredisce: in entrambi i casi distrugge qualcosa, qualcuno o se stesso. Il paziente invece persevera, guarda avanti, sa attendere e cerca di costruire perché l’alternativa che cerca in qualche modo si avveri.

Possiamo dire che la pazienza, allora, per la sua profondità, complessità e frequenza è assimilabile a una vera e propria virtù. Che cosa è la virtù? La virtù è come un abito che uno si mette, cioè qualcosa che vive con dimestichezza, una modalità normale. La virtù è il comportamento buono e bello che ci è abituale. La pazienza può diventare una virtù, una sorta di sapienza che ci viene da Dio, un modo con il quale certamente possiamo vivere meglio.

Siamo partiti da una visione della pazienza come costrizione e siamo arrivati alla pazienza come virtù che ci aiuta a vivere meglio; questo è un passaggio molto importante. La pazienza, quindi, non come un peso ma come qualcosa che ci fa stare meglio insieme.

Domande per la discussione:

  • dove sono chiamato ad essere paziente?
    • con la vita
    • con me stesso
    • cogli altri
  • dove faccio più fatica?
  • dove trovo aiuto e risorse?
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