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La dimensione ecclesiale

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CATECHESI 2015-16

“I cento volti della misericordia”

giovedì 4 febbraio - 5° incontro – L’esperienza del perdono nel Sacramento della Confessione - La dimensione ecclesiale

Noi possiamo cominciare a cogliere il significato della confessione anzitutto come esperienza nella quale io riconosco e percepisco ed esprimo anzitutto me stesso come la mia vita. A questo punto scaturisce il secondo grande aspetto della confessione: questa esperienza sta dentro un contesto ecclesiale e trova la sua espressione più plastica nella celebrazione del rito che avviene davanti a un sacerdote. Non vado davanti a un’immagine, o non guardo il cielo volendo confessarmi ma la mia confessione sacramentale passa attraverso questa celebrazione che dice la dimensione ecclesiologica e comunitaria del sacramento della penitenza.

Il tema di questa sera è dire il proprio peccato chiedere perdono del proprio peccato nella chiesa. Il punto di partenza assolutamente fondante è il fatto che il sacramento fondamentale per la remissione dei peccati è il battesimo.

Significa che il “problema” del sacramento della confessione non è tanto il peccato dell’uomo ma è quindi anche il perdono del peccato ma il peccato del battezzato che è diventato peccatore. Sembra una cosa ovvia ma è molto importante perché ci dice che per comprendere a fondo il sacramento della confessione dobbiamo andare a rileggere il senso e il significato vero e profondo del battesimo che abbiamo ricevuto. Il battesimo che abbiamo ricevuto cancella il peccato originale e in maniera ancora più visibile ci ha fatto entrare per sempre nella comunità. Un’accoglienza che non è semplicemente formale ma significa assunzione di uno stato di vita che è quello di essere discepolo di Gesù. E di questi tempi è una questione forse un po’ problematica.

Mi piace ricordare, a suggello di quanto detto ora, il versetto con cui si conclude il bellissimo episodio della trasfigurazione.

Videro Gesù solo con loro, quasi a dire un’esclusività e intimità in quell’incontro. Il battesimo dice un po’ questo ci invita a fondare la nostra vita guardando Gesù solo poi il resto c’è e arriva.

Perché questo pone dei problemi? Perché il battesimo non può essere una cosa che io chi tiro dietro, ma il battesimo che fonda il proprio senso di essere discepoli, il senso della propria appartenenza alla comunità chiedere una sorta di risposta che noi potremmo chiamare come un’opzione fondamentale, e cioè dal momento in cui io sono stato battezzato non sono più semplicemente un uomo o una donna ma appartengo a Gesù, sono di Gesù dentro la chiesa, assumo uno status che è quello del battezzato.

E così quando battezziamo i bambini questo ha senso solo a partire dalla fede dei genitori è cruciale se no altrimenti diventa un gesto fine a sé stesso nel quale il bambino che lo riceve proprio in ragione della sua tenera età non può da solo appropriarsene è il battesimo dei bambini storicamente nasce quando l’adesione al cristianesimo diventa un fenomeno di massa e cioè quando una famiglia si convertiva venivano battezzati tutti compresi i bambini. Da qui nasce il battesimo dei bambini, che in realtà è un sacramento per adulti non per bambini. Oggi poi le motivazioni sono le più bizzarre.

Il battesimo è un momento fondamentale perché crea uno status per il quale c’è bisogno di una appropriazione o presa di coscienza e responsabilità. So cosa voglio e lo accolgo per il fatto stesso che lo chiedo. Prima del battesimo di un bambino chiediamo alla famiglia: “che cosa chiedete per il vostro bambino?” Il battesimo si chiede, non è un omaggio o un motivo per fare la festa, nel momento in cui lo chiedi hai un motivo per chiederlo. Diversamente a cosa serve? L’altra domanda che facciamo alla famiglia: “siete disposti a far sì che il vostro bambino cresca nella fede”.

A questo punto capiamo di più che cos’è il peccato del battezzato: è una sorta di contraddizione con la verità del mio essere con Gesù, del mio essere per Gesù, del mio guardare a Gesù.

Il peccato è la contraddizione al mio status di discepolo di Gesù, e di cristiano fra cristiani.

È come pensare a un medico o a un’insegnante che non fanno bene il loro mestiere.

Il peccato del battezzato è la contraddizione tra il fatto che io ho scelto di fare questa cosa per la mia vita, perché mi piaceva perché ci credevo e adesso la faccio male, trascuro le persone, facce cavoli miei, questo è il peccato del battezzato, non il peccato in senso generale. Io metto in contraddizione il mio inserimento nel mistero della Chiesa che è il mistero della grazia di Dio che genera la comunità.

“Dalla unità del Padre del Figlio e dello spirito Santo viene radunato il popolo” (S. Cipriano).

Per la forza di questa unità, comunione trinitaria, da questa forza viene radunato il popolo.

Chiesa, Ecclesìa, vuol dire assemblea dei convocati. Quando la Chiesa si raduna per la celebrazione dell’eucaristia non siamo nuovi a dare una risposta ma c’è qualcuno che ci ha chiamato prima siamo convocati poi siamo liberi di rispondere. Il mistero della Chiesa sta nel fatto che non sussiste per sé stessa ma sussiste a partire dalla comunione della Trinità che la raduna.

La nostra risposta allora si qualifica come scelta, opzione fondamentale che è scegliere Dio, voler vedere Gesù solamente. Una scelta fondamentale che accanto alla Parola che è il criterio con il quale noi possiamo capire che cosa è bene e che cosa è male, è un secondo criterio per valutare la gravità o meno del mio peccato. Quanto più il mio peccato contro dice questa scelta fondamentale tanto più il mio peccato è grave. Si diceva la volta scorsa che il peccato più grave era quello dell’apostasia e cioè la contraddizione somma della scelta cristiana e tradisco quello che ho vissuto fino ai ieri, rifiuto Dio.

Quanto più il mio peccato si mette in relazione a questa opzione fondamentale della quale smarriamo la consapevolezza gli diamo la nostra fede in maniera molto superficiale, occasionale e quindi non ci accorgiamo più di queste cose e non ci rendiamo conto della bellezza della profondità dei doni che abbiamo ricevuto.

In questo senso si può cogliere che cosa vuol dire convertirsi: la conversione consisterà allora nell’andare ancora a domandare alla comunità cristiana di essere lì accolti come nel battesimo. Se io contraddico il mio battesimo che è il sacramento dell’accoglienza nella comunità, e mi allontano dalla comunità, alla comunità devo chiedere di essere riaccolto. Questo ci fa capire perché il sacramento della confessione ha una dimensione ecclesiale, non è semplicemente una faccenda tra me e il padre eterno, ma ha a che fare con quel cammino di essere discepolo di Gesù che è stata in qualche modo svuotata, il peccato svuota dal di dentro il mio essere cristiano.

Nella confessione del mio peccato e io scelgo ancora il battesimo è come se ogni volta che andiamo a confessarci andassimo a rivisitare il significato del nostro essere battezzati. Questo è molto bello e da una prospettiva molto significativa alla confessione. Non dico solo che ho sbagliato ma io li scelgo di essere battezzato io rivalorizzo quella scelta originaria e rispondo di nuovo a quella domanda: “che cosa chiedete alla Chiesa di Dio?” Io chiedo il battesimo, lo sto richiedendo attraverso il gesto umile della confessione.

Per questo la confessione è un momento impegnativo per me, credente ma è un momento impegnativo anche per la Chiesa è come se il Signore dicesse alla Chiesa “puoi riaccogliere questo credente peccatore, questo battezzato peccatore?”

Questo è il senso è rileggiamo un altro passaggio molto famoso del Vangelo di Giovanni. 20, 19-23: Apparizione ai discepoli:

19La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi». 22Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».

Il senso di quel: “ricevete lo Spirito Santo” è esattamente questo, l’invito a prendersi cura nello Spirito Santo del battezzato peccatore, da qui le domande antiche e moderne, la Chiesa può fare qualche cosa quando un battezzato è peccatore? È la domanda che ci si fa adesso a proposito dei divorziati delle famiglie in crisi ecc... È anche la domanda che si faceva ai tempi dei primi cristiani quando a seguito delle persecuzioni molti rifiutavano di Dio per paura per debolezza e bruciavano incenso davanti alla statua degli idoli o all’imperatore, da domanda era: “li riammettiamo o li lasciamo andare?”

Risposta che il Papa dà a questa domanda è senz’altro sì, si allontana la visione di una Chiesa fatta di santi ma ci si avvicina sempre di più a un’immagine di Chiesa fatta di peccatori perdonati.

Lo spirito Santo è dato per la remissione dei peccati e in questo senso il sacramento della penitenza non soltanto rimette i peccati ma forma la vita del cristiano, lo aiuta a crescere.

La comunità che celebra, che accoglie, il perdono come stile abituale, la coscienza di essere perdonati, il dovere di non escludere, sono tutte dimensioni del mistero della Chiesa, di una Chiesa che si fa misericordiosa.

In questo senso comprendiamo come la remissione dei peccati ancora passa attraverso il mistero della comunità, e nella comunità si compie anche il cammino per ritrovare la strada.

È il tema del pentimento, della ricerca, della conversione, è un ritorno a quella fedeltà che si è tradita. Tutto questo ci aiuta a comprendere la dimensione profonda, ecclesiale e comunitaria della confessione. La Chiesa, ci insegnavano i nostri padri nella fede, è stata definita come il corpo mistico di Cristo, che faceva coppia con l’altra definizione relativa all’Eucaristia definita come corpo reale di Cristo, ma in questo dibattito la scelta dei due termini è stata intercambiabile, ci fu in un certo tempo che qualcuno sosteneva che la Chiesa è il corpo reale di Cristo e l’eucaristia il corpo mistico di Cristo, ma al di là delle sottigliezze lessicali, quello che è fondamentale è comprendere che Dio in Gesù, e nel dono dello Spirito Santo, ha voluto un “luogo” dove abitare, e questo luogo è il “popolo di Dio”. E scendendo potremmo anche dire questo luogo è la famiglia o il popolo di Dio come famiglia di famiglie. Questo luogo è un luogo nel quale non ci si può estraniare senza perdere Gesù stesso e se voi bene ci pensate non esiste fede senza comunità, fede senza Chiesa. Tutto quello che noi abbiamo capito, imparato, passa ed è passato attraverso il mistero della Chiesa che ha assunto il volto della catechista, della nonna che mi insegnava le preghiere, della mamma che mi ha fatto battezzare della Bibbia che ho trovato sul comodino, tante circostanze dove al fondo c’è la comunità cristiana. I Vangeli sono stati scritti dalla prima comunità cristiana.

Non esiste Gesù senza Chiesa, e io arrivo a Gesù solo passando attraverso il mistero della Chiesa, con tutte le sue fatiche le sue povertà, la Chiesa non è un intermediario, la Chiesa è la manifestazione di una Presenza, è la manifestazione di una Grazia.

In questo senso diventa più comprensibile e più accettabile il fatto che anche la confessione, come tutti i sacramenti, abbiano una intrinseca e fortissima dimensione ecclesiale che non dobbiamo stancarci di sottolineare, di comprendere e di trasmettere come valore.

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