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II Domenica di Pasqua (Gv 20,19-31)

Carissimi,

questa seconda domenica di Pasqua ci trova radunati anche nel segno della Divina Misericordia del Signore, festa voluta, come sappiamo, dal Beato Giovanni Paolo II. Essa sottolinea che la Risurrezione di Gesù offre a noi la sua infinita misericordia perchè possiamo affrontare la vita  con fiducia e speranza, anche quando ci sentiamo piccoli e fragili. Tanti motivi di festa e di serenità dunque, ma mescolati a tante preoccupazioni e smarrimenti. La persecuzione e il martirio di tanti cristiani richiamato con grande forza da Papa Francesco, la percezione di uno sfascio etico sempre più diffuso, il disincanto davanti a parole e promesse mai mantenute. Come è possibile tenere insieme tutto questo ? Forse mai come in questo momento ci sentiamo come l'Apostolo Tommaso. Direi che gli assomigliamo tanto.

L'evengelista Giovanni, che come sempre non scrive le parole a caso, annota che Tommaso era chiamato “didimo” cioè gemello, cioè doppio. La sua indole impusiva e risoluta (ricorderemo la sua  affermazione quasi azzardata nell'episodio della risurrezione di Lazzaro: “andiamo anche noi a morire con lui”) si accompagna alla diffidenza e alla sfiducia (“Se non vedo...se non metto le mani...”). In Tommaso convivono fede e incredulità, impulso ed esitazione. Proprio per questo sentiamo oggi di essergli simili.

In tutto questo il Vangelo ci offre un dupplice insegnamento. Il primo viene direttamente dalla parola di Gesù: “Beati coloro che senza avere visto crederanno”. Per uscire dall'ambivalenza occorre sapere ciò che ci rende veramente felici. Molte volte infatti la nostra insoddisfazione deriva dal fatto che non sappiamo veramente quello che ci rende felici, anzi non sappiamo nemmeno quello che vorremmo. Ebbene nella parola del Signore sappiamo la fede ci è donata perchè posiamo essere beati, non per qualcosa di meno.

Il secondo insegnamento lo possiamo cogliere dalla conclusione stessa di questa pagina (“Gesù fece molti altri segni...Questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo abbiate la vita nel suo nome”). Per risolvere le proprie ambivalenze occorre scegliere la vita, scegliere di vivere, altrimenti si rischia di sopravvivere.La fede  non è un generico credere che Dio esiste, non è un semplice atto intellettuale, se pur nobile. La fede è per la vita, sostiene la vita, cambia la vita. Per questo chiede una scelta autentica e coinvolgente, esattamente come fa Tommaso.

Chiediamo nella preghiera di saper ripetere nella nostra vita le sue parole: Mio Signore e mio Dio !

Don Gian Piero