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La Catechesi Adulti

La lode a Dio

CATECHESI 2015-16

“I cento volti della misericordia”

giovedì 7 aprile - 6° incontro – La lode a Dio

Lo spunto per la riflessione di questa sera è la pagina del vangelo di domenica scorsa che narra l’apparizione di Gesù a Tommaso otto giorni dopo Pasqua.

Gv. 20, 26-27: 26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: “ Mio Signore e mio Dio””.

Ci soffermiamo sulla parte finale quando Tommaso viene benevolmente rimproverato da Gesù e dà come risposta: “Mio Signore, mio Dio!”
La risposta di Tommaso costituisce una professione di fede evidente e al tempo stesso esprime una lode a Dio, una lode al Signore. Nel Nuovo Testamento “Signore” è il termine con cui viene chiamato Gesù dopo la resurrezione.

L’argomento che affrontiamo questa sera riguarda quell’aspetto della vita cristiana, quell’espressione del rapporto di ogni credente con Dio, che possiamo chiamare la “lode di Dio”, di cui tanto abbiamo sentito parlare nei testi quanto ci può sembrare una questione lontana, teorica.
L’uomo è creato anzitutto per lodare Dio. All’inizio e alla fine c’è questo invito.
Lodare Dio non vuol dire esprimere un apprezzamento, un complimento a Dio, non vuol dire solo inneggiare a Dio ma è qualcosa di molto più profondo perché è l’uomo credente che è lode a Dio. Origene, uno dei più grandi pensatori della Chiesa antica, scriveva: “la gloria di Dio è l’uomo vivente”. L’uomo è stato creato per essere lode al Signore e quando il credente loda Dio lo loda anche stando zitto, mangiando, dormendo. La lode a Dio è una sorta di atteggiamento interiore che sta all’inizio della vita cristiana e alla sua fine, la racchiude tutta.
Offrirsi totalmente a Dio è dare lode a Dio.

Questa sera cerchiamo di approfondire questo argomento, che può sembrare un po’ complicato o astruso, cercando di coglierne il senso a partire dalla parola di Dio.
Partiamo dal capitolo 2 degli Atti degli Apostoli che riassume la vita cristiana in una sua dimensione ideale.

At. 2,44-48: “42Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. 43Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. 44Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; 45chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, 47lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. 48Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.

Questo brano bellissimo, che dà un’immagine idealizzata della prima comunità cristiana, mette in luce il fatto che, alla fine di tutte le cose che vivevano e facevano, i cristiani lodavano Dio.
Questo brano narrativo viene messo subito dopo un discorso molto forte di Pietro che, dopo la Pentecoste, scuote la gente con queste parole:

14Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: «Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme, vi sia ben noto questo e fate attenzione alle mie parole: 15Questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate, essendo appena le nove del mattino.”…. Gesù di Nazaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete -, 23dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l'avete ucciso. 24Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte,...... 33Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire……36Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!».

Sono parole dure alla quale i discepoli risposero: 37All'udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». 38E Pietro disse: «Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo.

La prima comunità cristiana viene accresciuta dalla volontà di Dio (48Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati) e, al tempo stesso, si edifica intorno alla lode Dio stesso, intorno allo spezzare del pane, intorno allo stare insieme, intorno alla condivisione.
Dunque la lode di Dio è un’esperienza che caratterizza già la prima comunità cristiana. Leggiamo anche un testo di San Paolo.

Ef 1, “3Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. 4In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, 5predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, 6secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto

In altri termini il senso della creazione e del destino di ciascuno, lo scopo per cui ciascuno è stato scelto prima della creazione del mondo, è essere a lode e gloria della sua grazia. Noi, afferma San Paolo, siamo creati per rendere lode a Dio.
Il tema della lode torna anche in maniera fortissima nei Vangeli. A questo proposito cito la conclusione del vangelo di Luca.

Lc 24,50-53: “Gesù…50li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. 52Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.”

Alla fine di tutto, il senso ultimo, era quello di stare nel tempio lodando Dio.

47Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: «Veramente quest'uomo era giusto».

Anche davanti alla croce c’è un rappresentante del mondo dei non credenti che non sa fare altro che lodare Dio.
E lo stesso accade alla nascita di Gesù:

13”E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli…….20I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.”

Vediamo allora come l’inizio e la fine del Vangelo sono caratterizzati dalla lode a Dio.
Tutto questo significa che con la lode di Dio incomincia il riconoscimento della presenza di Gesù nel mondo, si esprime il mistero della sua morte, si chiude il Vangelo. Nella comunità cristiana questa lode è la lode vissuta insieme, all’ombra dell’Eucarestia, cioè nel prendere il pane insieme. Nel celebrare la “frazione del pane” avviene questa lode di Dio: noi celebriamo la Messa e lodiamo Dio.

Cosa si intende per “lode del Signore”, da dove nasce questo grande tema? Come ci si arriva?
Se facciamo qualche piccole passo nell’Antico Testamento scopriamo che la lode di Dio è un aspetto fondamentale della vita spirituale del popolo di Dio.

Cominciamo proprio dall’esperienza di Gesù, dal brano del Vangelo di Matteo in cui si narra la cena pasquale durante la quale verrà istituita l’Eucaristia

Mt. 26: “29Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio». ….30E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.”

Qual è questo inno che tutti hanno cantato insieme? È l’inno della Pasqua ebraica, il salmo 136, che è una specie di perno di tutto Salterio perché racconta in maniera molto poetica la storia di Israele. È un inno pasquale che gli ebrei ancora oggi la notte di Pasqua recitano durante la cena pasquale e che Gesù ha recitato prima di andare nell’orto degli ulivi

1Alleluia.
Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia.
2Lodate il Dio degli dei: perché eterna è la sua misericordia.
3Lodate il Signore dei signori: perché eterna è la sua misericordia.
4Egli solo ha compiuto meraviglie: perché eterna è la sua misericordia.
5Ha creato i cieli con sapienza: perché eterna è la sua misericordia.
6Ha stabilito la terra sulle acque: perché eterna è la sua misericordia.
7Ha fatto i grandi luminari: perché eterna è la sua misericordia.
8Il sole per regolare il giorno: perché eterna è la sua misericordia;
9la luna e le stelle per regolare la notte: perché eterna è la sua misericordia.
10Percosse l'Egitto nei suoi primogeniti: perché eterna è la sua misericordia.
11Da loro liberò Israele: perché eterna è la sua misericordia;
12con mano potente e braccio teso: perché eterna è la sua misericordia.
13Divise il mar Rosso in due parti: perché eterna è la sua misericordia.
14In mezzo fece passare Israele: perché eterna è la sua misericordia.
15Travolse il faraone e il suo esercito nel mar Rosso: perché eterna è la sua misericordia.
16Guidò il suo popolo nel deserto: perché eterna è la sua misericordia.
17Percosse grandi sovrani perché eterna è la sua misericordia;
18uccise re potenti: perché eterna è la sua misericordia.
19Seon, re degli Amorrei: perché eterna è la sua misericordia.
20Og, re di Basan: perché eterna è la sua misericordia.
21Diede in eredità il loro paese; perché eterna è la sua misericordia;
22in eredità a Israele suo servo: perché eterna è la sua misericordia.
23Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi: perché eterna è la sua misericordia;
24ci ha liberati dai nostri nemici: perché eterna è la sua misericordia.
25Egli dà il cibo ad ogni vivente: perché eterna è la sua misericordia.
26Lodate il Dio del cielo: perché eterna è la sua misericordia.

Questo canto ripercorre la storia del popolo eletto e il ritornello “perché eterna è la sua misericordia” è la chiave di lettura.
Evidentemente il tema della lode era estremamente presente nella spiritualità del popolo ebraico. Lo troviamo anche nel libro delle Cronache quando si parla del culto nel tempio

2Cr. 5, 11-13: “11Ora avvenne che, usciti i sacerdoti dal Santo - tutti i sacerdoti presenti infatti si erano santificati senza badare alle classi - 12mentre tutti i leviti cantori, cioè Asaf, Eman, Idutun e i loro figli e fratelli, vestiti di bisso, con cembali, arpe e cetre stavano in piedi a oriente dell'altare e mentre presso di loro 120 sacerdoti suonavano le trombe, 13avvenne che, quando i suonatori e i cantori fecero udire all'unisono la voce per lodare e celebrare il Signore e il suono delle trombe, dei cembali e degli altri strumenti si levò per lodare il Signore perché è buono, perché la sua grazia dura sempre, allora il tempio si riempì di una nube, cioè della gloria del Signore.

La lode di Dio, vissuta con grande fede, ha come risposta la presenza di Dio: “una nube riempì il tempio cioè la gloria del Signore.

Noi lodiamo il Signore perché eterna è la sua misericordia. Questo cosa vuol dire? Il motivo per cui noi lodiamo Dio non è perché è creatore, perché è potente, ma perché eterna è la sua misericordia, cioè il punto di partenza della lode di Dio è la consapevolezza di aver ricevuto e vissuto la misericordia di Dio. Io lodo Dio per la sua misericordia prima ancora che per la sua grandezza o bellezza. Io lodo Dio perché ha avuto misericordia di me, dice il pio israelita. La lode di Dio è come una sorta di trasformazione delle proprie sofferenze, delle proprie fragilità della propria debolezza. La lode di Dio è qualcosa di più di un semplice ringraziamento, è una relazione, è il risultato di una conoscenza diretta.

Il popolo d’Israele, quando loda, rammenta la sua storia come avviene ad esempio nel libro dell’Esodo

Es. 15,1-2: “1Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero:
“Voglio cantare in onore del Signore:
perché ha mirabilmente trionfato, ha gettato in mare cavallo e cavaliere.
2Mia forza e mio canto è il Signore, egli mi ha salvato.
E' il mio Dio e lo voglio lodare, è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare!

Questa è una lode simile ma non identica a quella del salmo 136 perchè ha un aggancio preciso: gli ebrei hanno appena attraversato il Mar Rosso.
Rileggiamo il racconto dell’Esodo: gli ebrei arrivano di fronte al Mar Rosso, il faraone li sta inseguendo, sono presi dall’angoscia:

Es. 14, 10-14: 10Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani muovevano il campo dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. 11Poi dissero a Mosè: “Forse perché non c'erano sepolcri in Egitto ci hai portati a morire nel deserto? Che hai fatto, portandoci fuori dall'Egitto? 12Non ti dicevamo in Egitto: Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l'Egitto che morire nel deserto?”. 13Mosè rispose: “Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! 14Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli”.

Il canto che abbiamo letto prima di questo brano trova le fondamenta proprio in questa esperienza di salvezza operata dal Signore.

Anche in un altro brano del libro dell’Esodo si parla della sofferenza, anzi di un gemito che Dio ascolta:

Es. 2, 23-25: 23Nel lungo corso di quegli anni, il re d'Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. 24Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe. 25Dio guardò la condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero”.

Qui troviamo una definizione insolita di Dio come colui che guarda la condizione di chi soffre e se ne prende pensiero, pensa a chi geme, non tanto a chi grida. Chi geme è talmente provato che non dice neppure parole, non chiede nulla. Ma, come dice San Paolo, è lo Spirito Santo che con gemiti inesprimibili ci suggerisce cose convenienti da domandare:

Rm. 8, 26: “Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili”.

Dio ascolta il gemito, neanche il lamento. Il gemito è l’espressione della propria fragilità, della propria debolezza.

La lode di Dio che cos’è? È quell’espressione che, riconoscendo il proprio bisogno, la propria povertà, la propria fragilità, il proprio peccato, sa, perché l’ha sperimentato, che la misericordia di Dio gli è venuta incontro in tanti modi. Da questa consapevolezza scaturisce la lode di Dio che per i cristiani dovrebbe precedere o accompagnare ogni preghiera.

“Lodo il Signore perché è grande, eterna e la sua misericordia”

Occorre partire dal riconoscimento di avere bisogno della sua presenza, del suo aiuto e quindi chiedere l’aiuto.

Noi oggi crediamo di non avere bisogno, pensiamo che i nostri problemi ce li possiamo risolvere da soli.
Oggi viviamo in una cultura del “troppo”. Mangiamo troppo, abbiamo troppo e paradossalmente questo troppo non ci rende più felici, siamo sazi ma infelici.
Dall’assenza di ogni bisogno nasce la fatica a lodare Dio. Ma perché devo lodare? Di cosa devo lodare? Se non ho sperimentato la sua misericordia, se non ho colto che ho bisogno della sua misericordia anche la lode diventa difficile. In una parola potremmo dire: dall’esperienza di un cuore trafitto nasce autenticamente la lode di Dio.

La differenza tra la lode e il ringraziamento si può vedere così. Nella lode contempliamo Dio per la sua grandezza mentre nel ringraziamento c’è un riferimento a me, a quello che ho ricevuto. Nella lode mi dimentico di me e vedo solo la grandezza di Dio.
Per concludere, mentre il ringraziamento può essere un atto doveroso di riconoscenza, la lode implica un atto di fede.

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