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VII Domenica di Pasqua (Gv 17,11-19)

Carissimi,

il racconto dell'Evangelista Luca che oggi la Liturgia ci propone sembra come diviso in  due parti. Una prima in cui viene raccontata l'apparizione di Gesù ai discepoli, una seconda in cui Gesù sembra preparare i suoi al congedo terreno. In realtà forse siamo di fronte a un racconto unitario nel quale la prima parte diventa in un certo senso, per noi ascoltatori della Parola, spiegazione della seconda, quindi del mistero dell'Ascensione del Signore.

Se è così diventa più importante approfondire la prima parte della narrazione che appunto ci introduce all'Ascensione. Questo dunque cercheremo di fare.

L'episodio della apparizione di Gesù è caratterizzato da una quantità di sensazioni, di sentimenti, di emozioni. I discepoli sono sconvolti, impauriti, turbati, gioiosi, stupiti. Tutto questo è motivato sostanzialmente da una incertezza a proposito della effettiva presenza del Signore. “credevano di vedere un fantasma”, “sorgevano dubbi”, “non credevano”. Gesù li rassicura, in un primo momento invtandoli a una verifica fisica “Toccatemi e guardate”, successivamente mangiando insieme a loro (“Avete qui qualcosa da mangiare?”). Qual'è il punto ? Il punto è che i discepoli, ed anche noi, facciamo fatica ad accettare che la presenza di Dio nella nostra vita possa manifestarsi in modi diversi da ciò che noi ci attendiamo. Ed infatti è soltanto quando Gesù “aprì la loro mente”, soltanto quando promette il dono dello Spirito che i discepoli sono pronti per assistere al suo ritorno al Padre, non come esperienza di abbandono o di ennesimo dubbio, ma come diversa presenza dentro la propria vita e dentro la comunità.

Noi che pure abbiamo imparato che nelle relazioni personali vi sono modi diversi di percepire la presenza dell'altro, e al tempo stesso di manifestare la nostra presenza . Ci si può sentire vicini non solo faccia a faccia, ma anche nel pensiero, nel ricordo, attraverso molti mezzi “strumentali”. Eppure, dentro i cammini spesso tortuosi della vita, è molto facile dubitare della presenza degli altri, è facile scivolare dentro una sensazione di solitudine e isolamento. Percepire quasi una dimensione costitutiva del proprio essere soli in questo mondo, soprattutto nei momenti di sofferenza.

La festa dell'Ascensione quindi ci parla della presnza di Gesù che si rinnova, come ci dice San Paolo nella lettera agli Efesini: “Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose”.

E' la presenza che si realizza nell'incontro fraterno “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. E' la presenza reale della celebrazione sacramentale ed in modo partricolare nell'Eucaristia. E' la presenza che riconosciamo nel volto del fratello povero e sofferente. “Qualunque cosa farete a uno di questi piccoli l'avrete fatta a me”. E' la presenza nel mistero della preghiera e della fede.

Chiediamo nella preghiera, attraverso l'intercessione di Maria, di saper vivere “alla presenza del Signore”.

             Don Gian Piero