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Gesù che prega

Il fascino della preghiera e del dialogo con Dio

CATECHESI 2016-17

Parole e gesti per pregare

venerdì 7 aprile - 4° incontro – Il fascino della preghiera e del dialogo con Dio

Mi è stato chiesto:

Come la preghiera può raccogliere le nostre giornate dissipate, gli stati d’animo, le sfide del quotidiano e del mondo e riportarle alla e nella sequela?

Mi posso definire una manovale della preghiera e vi trasmetto un po’ di esperienza.
Sono una consacrata che alla base della sua stessa esistenza ha posto il suo rapporto con Cristo, che dovrebbe essere alimentato dalla preghiera. Tuttavia sono molto presa dalla concretezza delle situazioni. Nel nostro mondo occidentale siamo andati verso una divisione tra il mondo, il lavoro e quello che è la preghiera come se ci fossero due realtà separate. Andiamo a pregare in chiesa, lavoriamo in ufficio, e ci comportiamo in un certo modo in casa. La preghiera è fuori. Nei nostri giorni c’è questa cesura. I monaci, con San Benedetto, parlavano di “ora et labora”. Per loro queste due dimensioni erano fortemente intrecciate. Ora è molto più difficile.
Come fare quindi?
Come vivere le nostre giornate? Come far calare la preghiera nel quotidiano? Al lavoro? Con gli amici?
Siamo chiamati a vivere un rapporto con il nostro Dio e questo rapporto avviene durante la preghiera e non può essere isolato solo in alcuni momenti e con alcune preghiere formali, ma deve diventare un dialogo continuo, deve essere quello stimolo, quel rapporto, quell’incontro, quell’esperienza continua.. Non possiamo parlare della preghiera come di una cosa avulsa dalla realtà.
Per me la preghiera è un rapporto con qualcuno, un dialogo silenzioso.
Alimentato quotidianamente con del tempo dedicato appositamente mi porta in una dimensione verticale.

Chi può aiutarci a fare questo incontro? A far sì che la preghiera diventi alimento della nostra vita? Quale figura della Trinità ci viene in soccorso per pregare?
Quando Gesù risorge ci affida il dono dello Spirito. Lo Spirito diventa il protagonista e l’aiuto vero e concreto e continuo per il nostro rapporto con Dio.
Esiste la preghiera “esicasta”. E’ la preghiera del cuore, la preghiera continua. Nella tradizione orientale esiste questa forma di preghiera continua. Non è una preghiera molto facile soprattutto nel nostro ambiente. Però non è impossibile. Questo vuol dire che a un certo punto non mi sforzo più di pregare perché la preghiera è dentro di me ed è lo Spirito che prega in me. Mi accorgo di essere in una dimensione di preghiera. Questo è possibile, non è tipico sono di alcune spiritualità o religioni.

In particolare viene in aiuto lo Spirito Santo. Dopo la sua Risurrezione Gesù ha mandato il suo Spirito, fonte della preghiera cristiana. E’ lo spirito che in nome del Signore ispira la preghiera dei cristiani. Leggiamo in Romani 8, 26-27: Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio.
Al nostro interno ci capitano situazioni particolari, stanchezze, scoraggiamento, delusione e non sappiamo neanche cosa dire e per che cosa pregare il Signore: lo Spirito Santo ci viene in soccorso. Lo Spirito è una sorta di bussola che ci orienta e ci allinea sul disegno meraviglioso che Dio ha su ciascuno di noi, e anche sui nostri cari. Noi diventiamo, a nostra volta, degli “intercessori”.
Noi siamo fatti da una dimensione verticale ed una orizzontale; la dimensione orizzontale abbraccia l’umanità, è quella che ci fa andare incontro al fratello che ha bisogno, ai miei familiari che sono in difficoltà, alle situazioni che incontro. Ma c’è anche la dimensione verticale e quando la raggiungiamo, quando preghiamo davvero bene, leggiamo in modo diverso anche la dimensione orizzontale, anzi viviamo le situazioni difficili e anche belle in un modo diverso. È come se prendessimo un ascensore, o un aereo: vediamo la nostra casa, la nostra situazione dall’alto e sempre più piccola, ma non vediamo solo quel particolare. La nostra visione si arricchisce di altri particolari. Questo è il frutto della preghiera: andare e incontrarsi con il Signore Gesù.

Come pregare?

Potremmo dire che conosciamo delle preghiere tradizionali come il rosario, o la parola di Dio.
Queste sono delle modalità di preghiera, ma c’è anche un’altra forma di preghiera che non è solo la preghiera tradizionale. Quando dicevamo che la preghiera è il mio rapporto con Dio, è il mio dialogo con lui che mi permette di abbracciare l’umanità, io posso parlare con il Signore. Ma come? Con un allenamento.
Mi alleno come quando si fa dello sport, gradualmente. Per la preghiera è una cosa simile. Mi devo mettere in una condizione favorevole, in cui sia favorito il dialogo e l’incontro con il Signore. È un incontro in cui parlo, chiedo, mi arrabbio. E’ un incontro con una persona. Il Signore Gesù è una persona, non un libro o una filosofia. Allora ci dobbiamo allenare a stare con lui, alla sua presenza, prendendo un luogo, uno spazio fisico, nel silenzio, e invocare lo Spirito Santo. All’inizio sarò preso da mille distrazioni. La prima settimana ci sto cinque minuti, la seconda settimana 10 minuti e così via. Poi ci si prende gusto e quel tempo diventa irrinunciabile. Quel tempo diventa alimento.
Per me il tempo più favorevole è la mattina. All’inizio è stato difficile ma poi mi sono abituata. Alzarsi presto, prima che spunti il sole su tutte le situazioni che dobbiamo affrontare nella giornata.

Come organizzarci? Come pregare?
Ognuno ha un suo mondo, non siamo tutti uguali. Non preoccupiamoci se siamo distratti. Portiamo tutte le nostre distrazioni di fronte al Signore, raccogliamo tutti i nostri pensieri portiamoli davanti al Signore.

BIBBIA

Se facciamo una ricerca nella Bibbia troviamo molte volte nell’Antico Testamento citato il termine preghiera. Sin nei libri più antichi e talora più difficili da comprendere. Come a indicare che sin dalla sua creazione l’uomo ha sempre cercato una relazione con il suo Creatore, una relazione che si è espressa attraverso la preghiera.
La preghiera si presenta con diverse sfumature.
Ci ricordiamo la donna desiderosa di avere figli che parla da sola nel tempio e piange. Sembra un’ubriaca. 1 Samuele 1, 1-ss

C’era un uomo di Ramatàim, un Sufita delle montagne di Èfraim, chiamato Elkanà, (…). Aveva due mogli, l’una chiamata Anna, l’altra Peninnà. Peninnà aveva figli, mentre Anna non ne aveva.
Quest’uomo saliva ogni anno dalla sua città per prostrarsi e sacrificare al Signore degli eserciti a Silo, (…).
Venne il giorno in cui Elkanà offrì il sacrificio. Ora egli soleva dare alla moglie Peninnà e a tutti i figli e le figlie di lei le loro parti. Ad Anna invece dava una parte speciale, poiché egli amava Anna, sebbene il Signore ne avesse reso sterile il grembo. La sua rivale per giunta l’affliggeva con durezza a causa della sua umiliazione, perché il Signore aveva reso sterile il suo grembo. Così avveniva ogni anno: mentre saliva alla casa del Signore, quella la mortificava; allora Anna si metteva a piangere e non voleva mangiare. Elkanà, suo marito, le diceva: “Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?”.
Anna si alzò, dopo aver mangiato e bevuto a Silo; in quel momento il sacerdote Eli stava seduto sul suo seggio davanti a uno stipite del tempio del Signore. Ella aveva l’animo amareggiato e si mise a pregare il Signore, piangendo dirottamente. Poi fece questo voto: “Signore degli eserciti, se vorrai considerare la miseria della tua schiava e ricordarti di me, se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sul suo capo”.
Mentre ella prolungava la preghiera davanti al Signore, Eli stava osservando la sua bocca. Anna pregava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra, ma la voce non si udiva; perciò Eli la ritenne ubriaca.

Come mai nel Nuovo Testamento i discepoli chiedono a Gesù insegnaci a pregare? Non avevano visto i loro padri e nonni pregare? Cosa poteva dire di più Gesù?
Ancora una volta ciò che colpisce è la testimonianza. Quando Gesù tornava da quei silenzi e da quei raccoglimenti era trasformato.
Dopo i 40 giorni nel deserto, dove il diavolo continua a tentarlo, Gesù ne esce rafforzato grazie alla dipendenza totale dal Padre e dalla sua Parola che salva. E i suoi lo vedono.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Evidentemente chi lo accompagnava, chi stava sempre vicino a lui intuiva la forza che acquisiva in quei momenti…
Quando, anche senza dirlo a parole, viviamo un’esperienza di preghiera che ci cambia e ci trasforma e ci dà la forza di affrontare non solo le difficoltà inevitabili del quotidiano ma anche la nostra povertà e incoerenza, ecco allora gli altri lo percepiscono perché è contagiosa, non si può nascondere.
Quanto può operare la nostra povera testimonianza! Anche se fortunatamente il Signore va oltre. 

TESTIMONIANZA NOCETUM

Fascino della preghiera monastica e della preghiera che si fa vita (Sr. Ancilla).
La nostra realtà di Nocetum è nata da un semplice gruppo di preghiera.
Ma dove la preghiera era intensa capace di trasformare anche le pietre.
Non avevamo nulla al di fuori della preghiera.
Dodici anni di preghiera prima di vedere dei frutti.
Nel 2001 incontro con il card. Martini che ci affida la preghiera di intercessione per la città: “siate come Sentinelle nella città, imparate ad accogliere le richieste”.

Ora vorrei fare un piccolo esercizio che ho tratto da un carissimo sacerdote, padre Antonio Gentili, e che si chiama “I doni dello Spirito Santo”. Proviamo ad invocare lo Spirito Santo, visualizzando anche il nostro corpo.
Vi chiedo di chiudere gli occhi e di fare attenzione alla respirazione.
Immaginiamoci la fiamma di Pentecoste che si posava sulla testa dei discepoli in forma di piccole fiammelle.

  • Immaginiamoci una fiamma, che chiamiamo fiamma pentecostale, che si posa sulla sommità del nostro capo ed è portatrice di “sapienza” e ci rende familiari i pensieri di Dio. Sotto la sua azione si radica in noi il senso della Provvidenza divina. Tutto coopera al bene. Quindi possiamo inspirare dicendo: “Spirito di sapienza” ed espirare dicendo “scendi su di me”. Ripetiamolo due volte.
  • Poi questa fiamma scende nella nostra fronte, ossia nella nostra mente. Ora invochiamo il dono dell’”intelletto” ovvero dell’intelligenza spirituale dei misteri della rivelazione cristiana con cui riconosciamo nell’uomo Cristo Gesù il Verbo incarnato nel grembo della vergine Maria, crocifisso, risorto e presente nell’Eucarestia. E anche qui inspirando diciamo: “Spirito di intelletto” ed espirando diciamo “scendi su di me”.
  • Ora immaginiamo che la fiamma siamo all’altezza della bocca e gola. Qui accogliamo il dono spirituale della “scienza”, che dà la conoscenza piena e verace delle leggi che presiedono all’intero creato in modo da promuoverne tutte le potenzialità senza violarne l’ordine impresso dal Creatore. Anche qui inspiriamo dicendo: “Spirito di scienza” ed espiriamo dicendo “scendi su di me”.
  • In questa discesa arriviamo all’altezza del cuore. Visualizziamo il cuore come se fosse avvolto in una vivida fiamma e facciamone il luogo del dono del “consiglio” finalizzato ad illuminarci nelle scelte immediate e a lungo termine attraverso il discernimento spirituale. Inspiriamo dicendo: “Dono del consiglio” ed espiriamo dicendo “scendi su di me”.
  • La fiamma del fuoco prosegue la sua effusione e si posa all’altezza del plesso solare, all’altezza del nostro ombelico. Lo Spirito è portatore di “fortezza” che ci abilita a compiere quei piccoli e grandi eroismi che si impongono per chi accoglie l’invito evangelico fino a puntare sullo straordinario. Inspiriamo dicendo: “Spirito di fortezza” ed espiriamo dicendo: “scendi su di me”.
  • Scendiamo all’altezza delle nostre viscere e lasciamoci compenetrare dallo Spirito di “pietà”, considerando una serie di sentimenti quali misericordia, bontà, umiltà, mitezza, magnanimità, perdono, amore, pace e gratitudine. Ora inspirando diciamo “Spirito di pietà” ed espirando diciamo “scendi su di me”.
  • Arriviamo fino al plesso basale. Il fuoco pentecostale raggiunge il centro basale e infonde il dono del “timore di Dio” in virtù del quale emergerà in noi un’attitudine di rispetto filiale e di devozione amorosa verso il Signore, accompagnata da una salutare trepidazione di fronte a ciò che può dispiacergli e offenderlo. Passeremo in tal modo da timorosi a timorati affrancandoci dalla paura che nasce dal disordine morale e dal peccato con la quale il maligno ci tiene schiavi. Ora inspirando diciamo “Spirito del timore” ed espirando diciamo “scendi su di me”

  

Gloria Mari

Responsabile del Centro Nocetum

Via San Dionigi, 77

20139 Milano